Lo Stato come opera d’arte

Lo Stato come opera d’arte

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Per Burckhardt il Rinascimento italiano segna la nascita del mondo moderno: furono, infatti, la creatività, il dinamismo, la competitività delle Signorie, unite alla spregiudicatezza dei condottieri e persino alla violenza dei tiranni, a gettare i semi della nuova era.

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Per Burckhardt il Rinascimento italiano segna la nascita del mondo moderno: furono, infatti, la creatività, il dinamismo, la competitività delle Signorie, unite alla spregiudicatezza dei condottieri e persino alla violenza dei tiranni, a gettare i semi della nuova era.

In che senso gli Stati rinascimentali sono un’opera d’arte ce lo dice lo stesso Burckhardt: essi sono «creazioni coscienti, emanate dalla riflessione e fondate su basi rigorosamente calcolate e visibili». Creazione, consapevolezza, riflessione, calcolo e visibilità ne sono dunque gli architravi.

Lo Stato, quindi, diventa il bello come luogo dei fini e della ragione, una ratio magnitudinis che rivela il complesso dei requisiti formali di un’umanità che ha guadagnato una condizione di vita superiore. Potremmo altresì dire: lo Stato secondo Nietzsche. È l’occhio rinascimentale che qui viene esaltato, occhio realista e lucido, occhio che ha gusto e si nutre del bello, lo stesso che Burckhardt aveva attribuito alla virtù di tiranni, condottieri e papi che, pur nell’abisso morale – tema del tutto simpatico a Nietzsche –, hanno saputo concepire e per certi versi realizzare progetti di grandezza.

Jacob Burckhardt (1818-1897) è stato uno storico svizzero tra i più importanti dell’Ottocento. Il suo capolavoro, La civiltà del Rinascimento in Italia, ha dato origine a una storiografia attenta a cogliere lo spirito e gli elementi caratteristici di un’epoca. Critico nei confronti del progresso e dell’ottimismo tipici della sua epoca, fu molto apprezzato da Nietzsche che gli fu allievo e amico.

Informazioni aggiuntive

Prefazione di

Massimo Maraviglia